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La Chiesa nelle mani di Dio
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Legame dei grandi pontificati

Niedziela, 17 lutego 2013 (12:58)

Aktualizacja: Poniedziałek, 15 lipca 2013 (20:33)

Intervista di Sławomir Jagodziński con Monsignore arcivescovo Andrzej Dzięga, metropolita dell’arcidiocesi di Stettino-Kamień

La decisione del Santo Padre sulla rinuncia al ministero ha molto commosso i fedeli, ma dovrebbe essere percepita come una sensazione particolare?

- Abbiamo a che fare con la decisione personale di Benedetto XVI, che, nel contesto delle norme del diritto canonico, dovrebbe essere riconosciuta assolutamente normale benché, infatti, è un evento insolito. Dal punto di vista dei meccanismi della vita della comunità della Chiesa è un atto assolutamente normale, perché la Chiesa ammetteva sempre la possibilità della rinuncia del papa al suo ministero. Praticamente, da sempre si ripete che il Santo Padre cessa di esercitare il suo ministero sia a causa della morte sia attraverso la rinuncia. Quest’atto di rinuncia del papa al ministero non richiede nessun atto separato di ricezione di questa rinuncia da qualsiasi persona. E una decisiona annunciata in modo libero dal Vescovo di Roma. Occorre richiamare attenzione su queste due parole: è una cosa normalne benché insolita.

Senza dubbio questa decisione del Santo Padre è anche ponderara e presa dopa la preghiera. E essa deve essere ricevuta solo così senza riguardo a quello che sia qualcuno vuole interpretarla sotto le categorie della poca salute, della stanchezza, dell’età avanzata, dell’estremo delle forze etc. sia che qualcuno vuole capire l’annuncio di Benedetto XVI: „anche in futuro, vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la Santa Chiesa di Dio” piuttosto sotto le categorie bibliche di tipo: „Maria ha scelto la parte migliore”.

Infine è la cosa riguardante la decisione personale del Santo Padre e di Dio il Padre stesso.

E infatti un evento assolutamente insolito et perché esso ci sorprende e sorprende il mondo. Ma questa sorpresa è solo apparente, perché dal punto di vista del diritto canonico, quello che è accaduto, c’è una procedura normale della Chiesa che non può essere mai esclusa. Ma non occorre commentare troppo questo, perché la chiarezza della situazione stessa diventa peggiore. E meglio riceverlo con fede personale e solo approfondire la preghiera per la Chiesa e per la fede nel mondo attuale.

Questo caractere normale benché insolito di quella situazione indica ancora qualche cosa?

- Sottolineo il bisogno di conservare piena pace interiore e di ricevere questa decisione, da tutti i cattolici, senza emozioni inutili, nello spirito della fede e della preghiera. Senza dubbio, il Santo Padre ha riflesso su questo, ha ponderato questo davanti a Dio,  e, nello stesso tempo, l’ha preparato e annuciato precisamente. Questo papa non agisce con emozioni, non agisce d’impulso. C’è il papa della visione e della parola profetiche. C’è il papa della grande meditazione e della grande sapienza. C’è un uomo di spiritualità molto profonda. Quegli uomomi agiscono con responsabilità massima.

Gli ultimi giorni del ministero pontificio di Benedetto XVI cadono alla Quaresima. Anche questo è stato pianificato dal Santo Padre e costituisce un segno per i’interpretazione per la Chiesa?

- Ne siamo testimoni non solo sulla soglia della Quaresima, ma anche nell’Anno della Fede. Non si può lasciare questo contesto. Personalmente, ho richiamato la mia attenzione sulle seguenti circostanze del tempo: il Santo Padre ha annunciato che la sua rinuncia al ministero avrà luogo, precisamente, il 28 febbraio alle 20.00. E venuto a chiedermi: perché questo giorno e quest’ora? Quando ho sguardato il calendario è venuto fuori che il 28 febbraio avremo il giovedì, la vigilia del primo venerdì del mese. E allora l’ora del Cenacolo, e perfino più quella del Giardino delle Ulive. Al mio parere, il Santo Padre – indicando le ore 20.00 – indica l’Ora del Giardino delle Ulive, ove Cristo ha chesto agli apostoli: „Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole”. E gli apostoli si sono addormentati. Allora Gesù gli ha fatto dei rimproveri: „Così non siete stati capaci di vegliare un'ora sola con me?”. Sono convinto che Benedetto XVI, indicando le ore 20.00 al giovedì prima del primo venerdì, ci conduce e ci chiama, con precisione, nell’Anno della Fede, sulla soglia della Quaresima, alla meditazione e alla vigilanza con Gesù. Vale la pena di vegliare nello spirito del Giardino delle Ulive e di pregare per la Chiesa, per la fede nel mondo. In questo modo, il Santo Padre ci consegna molto chiaramente, per così dire, in mano a Cristo stesso, che è Capo della Chiesa. Lui ci indica in un certo modo: ascoltate attentamente Cristo perché solo la Sua Parola, sola la Sua Potenza ci trasforma e salva il mondo. Gesù di Nazareth e il bisogno della fede in Gesù è pur, in un certo senso, il programma pontificio di Benedetto XVI. La Chiesa deve rimanere in Cristo, rimanere in ginocchio, allora è sicura. E nello stesso deve proclamare Il Risuscitato – allora è fedele.

E caratteristico che anche al pontificato del beatificato Giovanni Paolo II avevano la loro importanza il contesto del tempo, le date e i giorni dell’anno liturgico.

- Noti che, precisamente, un mese dopo la rinuncia annunciata di Benedetto XVI al ministero, il 28 marzo, avremo il Giovedì Santo, vuol dire la Sera Santa di vigilanza con Gesù nel Giardino delle Ulive prima del Venerdì Santo. Ci sono quattre settimane precise. Al mio parere Il Santo Padre ha riflesso precisamente su questo e ci indica questi segni del tempo. Dal beatificato Giovanni Paolo II, abbiamo avuto anche, più volte, a che fare con una certa simbolicità del tempo. Ricordo solo il Venerdì Santo e il stringersi memorabile di Giovanni Paolo II alla croce durante la Via Crucis del 2005 celebrata nel Colosseo. Era, nello stesso tempo, il 25 marzo, quando la Chiesa medita sull’Annunciazione. Il Venerdì Santo del papa impregnato del Mistero dell’Incarnazione. In un momento, in un certo modo, tutta la missione di Cristo – dall’Incarnazione alla Crocifissione – si è concentrata allora. A quel giorno cominciava anche la novena della Misericordia divina. Giovanni Paolo II l’ha fatta per l’ultima volta tra di noi e la sera, quando l’apello di Jasna Góra era nel corso di finire, la vigilia della festa della Misericordia, è andato a casa del Padre.

Vale la pena di ricordare che è Giovanni Paolo II che, ancora come il cardinale Karol Wojtyła, predicando gli esercizi spirituali vaticani, fra molte belle riflessioni, parlava anche dell’Ora del Giardino delle Ulive persa dagli apostoli che la Chiesa prova a „raggiungere” in un certo modo da due mila anni. E possibile che adesso Benedetto XVI voglia inoltre, attraverso il contesto temporale della sua rinuncia al ministero, ancorare la Chiesa, tutti noi, in Gesù Cristo. Lo vedo in questo mistero della sera di giovedì et del appello alla vigilanza con Gesù nel Giardino delle Ulive. E l’Ora Santa. Penso che abbiamo anche  diritto a tale  lettura spirituale di questa simbolicità. Il papa che proclamava sempre Gesù di Nazareth ricorda questo a tutti noi di nuovo: „Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione”. In un certo senso, questo potrebbe essere un legame particolare di questi due pointificati e per noi, la fonte stabile della forza spirituale et il segno della fedeltà à Cristo.

 

Grazie per il colloquio.

Sławomir Jagodziński

NaszDziennik.pl